Perché mio figlio è così ostinato?

A cura della psicologa Dott.ssa Antonella Sagone

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Tempo di lettura 3 min

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Quante volte, alle prese con un bimbo ai primi passi, oppure di due-tre anni, ci si esaspera per un suo comportamento che per l’ennesima volta viene messo in atto, anche se tante volte è stato rimproverato? Può essere un gesto pericoloso, come toccare le prese elettriche; può essere un atto violento, come tirare un oggetto contro qualcuno; può essere, infine, quella cosa “proibita” come tirar fuori la terra dal vaso, o scrivere sul muro o sui mobili…

In questi casi spesso i genitori sgridano il bambino, gli ripetono che no, non si fa, gli spiegano il perché e il percome. Eppure, alla prima occasione, il bambino ripete il comportamento. Com’è possibile?

Per capire queste dinamiche occorre prima di tutto comprendere se nostro figlio è in grado di fare quello che gli chiediamo. In una parola, occorre adeguare le aspettative all'età del bambino. A due anni ad esempio le sue reazioni sono molto fisiche, i suoi bisogni sono seguiti dall'azione, e sta esplorando anche le nostre reazioni. Dirgli “Non si fa” non ha molto senso per lui: un bambino piccolo ha una comprensione molto concreta delle parole, per cui “non si fa” è semplicemente una cosa non vera, dato che lui sta appunto facendolo! Semmai per educarlo o disciplinarlo occorrerebbe dire che questa azione crea un problema e non desideriamo che lo faccia.

Inoltre per un bambino ai primi passi esplorare l’ambiente è un bisogno che esercita un richiamo irresistibile: se vogliamo che non si dedichi a comportamenti distruttivi o pericolosi, dobbiamo proporgli un’alternativa accettabile, piuttosto che dirgli semplicemente di no. Esempio: il bambino ha bisogno di esplorare e di esercitare la sua capacità di movimento fine delle mani? Proponiamogli di giocare con la pasta di pane, le costruzioni eccetera, e lasciar stare la terra dei vasi. Il bambino è arrabbiato, stanco o annoiato? Meglio dargli attenzione, ascolto, coccole e quello che gli serve per recuperare. Il bambino vuole scrivere? Diamogli una lavagna grande, a fogli mobili, su cui disegnare e dipingere. A quel punto la frase cambierà in: “Vogliamo che i muri di casa rimangano bianchi, se vuoi disegnare fallo sulla carta, così poi possiamo conservare i tuoi disegni e guardarli insieme. Ecco, ti do le matite”.

Ma la cosa più importante da capire è che nei primi anni la comprensione del bambino è legata all’esperienza fisica. Le parole da sole non bastano. Spiegare è inutile per disciplinarlo, se non è accompagnato dall'intervento attivo: allontanare il bambino, rimuovere l'oggetto, trattenere la mano. Non si può restare seduti e dire “No”, se non viene subito interrotta l’azione, altrimenti il messaggio non “arriva”. Certo, mentre si agisce si può spiegare a parole: “Non voglio che tocchi la presa elettrica perché puoi farti molto male". Ma l’azione deve precedere o accompagnare le parole.Il bambino non smetterà immediatamente di mettere in atto i comportamenti indesiderati, ostinazione e testardaggine non spariranno subito: la sua voglia di fare, toccare, è troppo forte, le sue emozioni a volte sono incontrollabili. Però col tempo il bambino crescerà e cambierà. È una fase di sperimentazione che non può essere saltata e ci vuole semplicemente tempo e pazienza, l'obiettivo non è che "Non lo faccia più" ma che indirizzi sempre meglio le sue energie e che col tempo evolva in altri comportamenti, più in armonia con le esigenze degli altri.

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