Non parla ancora, che fare?
A cura della psicologa Dott.ssa Antonella Sagone
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VAI AI PREFERITIAnche se il bambino verso i due anni non parla da subito, dispone di diverse strategie di comunicazione. I bambini non sviluppano contemporaneamente il linguaggio parlato, comunque sviluppano il linguaggio spontaneamente e in modo naturale, con il tempo. Il genitore li può aiutare parlando e comunicando con loro in modo naturale.
Dopo il secondo anno di vita, non tutti i bambini parlano, infatti non tutti i bimbi hanno la stessa padronanza del linguaggio o della parola e spesso i genitori dei più "taciturni" si preoccupano, vedendo che bambini più piccoli di loro già parlano e fanno veri e propri discorsi. Tuttavia, confrontare la fase di sviluppo di un bambino con quella di un altro non è mai utile, perché i bambini sono diversissimi l'uno dall'altro e raggiungono le varie tappe evolutive in tempi e in modi diversi. Alcuni bambini concentrano dapprima le loro energie nell'ambito dello sviluppo senso-motorio, rimandando a dopo quello del linguaggio e della parola; ed è noto come la maturazione del sistema vestibolare (organo dell'equilibrio), che si trova sempre nell'orecchio, e che si consegue proprio grazie alla libera attività motoria del bambino piccolo, sia importante anche per lo sviluppo del linguaggio.
Fino ai quattro anni comunque l'assenza di un linguaggio articolato, fatto di frasi con tante parole, non è ancora di per sé un segno di ritardo. Non c'è molto da preoccuparsi quindi se il bambino non parla. Generalmente un bambino di due anni, due anni e mezzo, comprende già molte parole del linguaggio parlato, e riesce anche a seguire istruzioni verbali piuttosto complesse; ha un insieme di parole (che possono anche essere pronunciate in modo molto approssimativo, possono anche essere parole di una sillaba soltanto, oppure possono essere dei suoni, come i versi degli animali o i rumori delle auto) che usa per comunicare abbinandole a gesti; e comincia a fare delle "frasi" mettendo insieme due "parole".
Niente di speciale quindi, ma è già "parlare", comincia a comunicare con il linguaggio.
Inoltre esistono diverse "strategie" che il bambino mette in atto nel suo percorso verso il linguaggio. Ci sono bambini "taciturni" che, nonostante comprendano benissimo il significato di tante parole, e nonostante siano in grado, volendo, di riprodurne i suoni, per qualche motivo non prediligono il linguaggio parlato come mezzo di comunicazione e si esprimono a monosillabi, iniziando a parlare oltre il secondo-terzo anno. Altri invece producono una sorta di linguaggio "finto", fatto di moltissimi suoni, che imita pittorescamente e molto espressivamente il linguaggio parlato, ma che, di fatto, non significa "nulla". Altri ancora sono maestri nel linguaggio dei gesti, e si fanno capire così bene che non sentono l'urgenza di imparare a parlare. Quale sia la strategia usata, in genere questi bambini si fanno comprendere benissimo, e quando decidono di iniziare a parlare "sul serio" esordiscono già con frasi articolate e parole complesse.
Non c'è nulla di particolare che un genitore debba fare per "insegnare" ai bambini a parlare. Insistere per far ripetere al bambino le parole o correggerli nella pronuncia non solo non li aiuta a parlare meglio, ma può produrre ansia e quindi renderli ancora più riluttanti e incerti nell'uso delle parole. I bambini sviluppano il linguaggio spontaneamente e in modo naturale, con il tempo, e l'unica cosa veramente importante è condividere con loro più tempo possibile, fare insieme tante cose, e parlare loro, normalmente (e non in un linguaggio "bambinesco"), commentando ciò che si vede, ciò che si fa, e anche ciò che si pensa e sente.