Perché si picchia?

A cura della psicologa Dott.ssa Antonella Sagone

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Tempo di lettura 3 min

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Capita spesso che i bambini piccoli, non sapendo ancora esprimersi bene a parole, lo facciano "fisicamente". C'è chi si butta a terra, chi colpisce persone o oggetti, ma anche chi rivolge i suoi sfoghi contro se stesso, "si picchia da solo", causando sconcerto e preoccupazione nei suoi genitori.

In realtà, questo comportamento è più frequente di quanto non si creda. I bambini che si "picchiano" scelgono di rivolgere la loro rabbia verso se stessi perché hanno una forte inibizione a colpire gli altri; inoltre, per quanto possa sembrare strano, colpirsi è una loro strategia, per questo rozza, di "ritrovare se stessi" e riprendere il controllo delle proprie emozioni. Nonostante le apparenze, è difficile che un bambino si spinga fino al punto di farsi davvero male; si sa autoregolare e anche negli scatti di rabbia raramente arriva al punto di causarsi dei danni.

Cosa fare con un bambino che si picchia da solo?. Tutto quanto detto significa che il comportamento dei genitori con lui può semplicemente attenersi a ciò che si fa normalmente nei confronti di qualsiasi scatto di rabbia o "capriccio", e senza mostrare ansia che potrebbe dare maggiore enfasi a questi episodi; è spesso sufficiente stargli vicino, aiutandolo con calma a ritrovare l'equilibrio emotivo.



E' anche importante, però, cercare di capire il motivo della sua frustrazione e, nei limiti del possibile, andargli incontro. Quando un bambino ha un accesso di rabbia, infatti, ha sempre un motivo. In parte queste situazioni sono inevitabili, perché la forte volontà nascente del bambino, la sua voglia di fare tutto e arrivare ovunque, si scontrano con la dura realtà delle regole della famiglia e anche con i puri e semplici limiti delle sue capacità fisiche e abilità motorie ancora modeste; altre volte si può comprendere il bisogno del bambino e rispondervi o almeno consolarlo. Ciò che il genitore può fare è da un lato essere sereno sui limiti dati (cercando di mantenere fermi quelli fondamentali e di affrontare gli altri con una certa flessibilità legata alla situazione); dall'altro essere molto comprensivo sui sentimenti del bambino, che se è arrabbiato non lo fa apposta e ha il bisogno di essere consolato, compreso, contenuto. Spesso è necessario aspettare con pazienza, magari stando solo vicino, o toccando appena il bambino su un braccio o sulla schiena con una mano, che l'accesso più violento di emozioni si plachi; e poi il bambino può essere abbracciato e consolato (anche quando il NO dei genitori resta al suo posto).



Certo ai genitori fa impressione vedere il bimbo che si picchia da solo, che dà gli schiaffi, si morde il braccino o, più frequentemente, batte la testa sul muro o sul pavimento. Se si ha l'impressione che il bambino si faccia veramente male, è pur sempre possibile intervenire attivamente, impedendo con gentilezza i comportamenti più distruttivi (o inframmezzando un bel cuscino fra la testa e il pavimento!). È importante ricordare che questo comportamento si estinguerà comunque da sé con il tempo, via via che il bambino abbandonerà la fase dei capricci, essendo maturato abbastanza da essere in grado di esprimere la sua rabbia e frustrazione a parole, e comunque in modi meno distruttivi.

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