Le paure dei bambini

A cura della psicologa Dott.ssa Antonella Sagone

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Tempo di lettura 4 min

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I bambini sembrano impavidi esploratori, eppure ci sono momenti in cui si bloccano senza motivo e hanno inspiegabili paure.

Fra i due e i tre anni il bambino è un avventuriero pronto a lanciarsi nelle imprese più spericolate; sembra non conoscere il rischio e non temere nulla. Eppure, in alcuni momenti, improvvisamente lo stesso bambino che si arrampica sullo scivolo più alto o che va al nido senza battere ciglio si blocca davanti a situazioni che per un adulto sono del tutto prive di pericolo: piange davanti a un ragno, si nasconde dietro il papà quando vede una persona sconosciuta, non vuole entrare in una stanza buia o dormire da solo.   Cosa sta avvenendo? Il fatto è che il bambino sta sviluppando la sua immaginazione e la sua capacità di anticipare gli eventi. Tuttavia la sua percezione della realtà è molto differente da quella di un adulto: si basa su un’esperienza limitata e crea fra gli eventi connessioni di tipo “magico”, collegando i suoi pensieri e i suoi stati interiori a ciò che succede intorno a lui. Inoltre, di pari passo con la consapevolezza che i suoi genitori sono persone distinte da lui, aumenta il timore di perderli o di trovarsi indifeso di fronte a ciò che è estraneo e sconosciuto. Anche la televisione, che a questa età andrebbe dosata con attenzione, può fornirgli stimoli troppo forti o immagini che lo spaventano e gli lasciano una sensazione di paura perché non sa comprenderne l’irrealtà. Inoltre proprio lo slancio fortissimo che il bambino sperimenta verso l’ignoto, e che lo trasforma in un piccolo esploratore o in uno scienziato in erba, lo sottopone anche a uno stress che poi ha bisogno di smaltire fra braccia sicure. L’ignoto può incarnarsi nell’animale che non conosce, nel luogo nuovo o nascere anche da sensazioni fisiche interne che il bambino non sa ancora definire o spiegare a parole. Il bambino può infine anche essere turbato da incubi, che a questa età sono particolarmente vividi, ma che egli non sa ancora distinguere dalla realtà.   È importante che l’adulto non minimizzi la paura del bambino o non lo forzi a vincerla quando non si sente pronto. Di fronte al bambino titubante davanti all’onda del mare o alla scala troppo alta, la cosa migliore da fare è prima di tutto dare forma di parole a ciò che egli sta sentendo, commentando ad alta voce: «Non ti senti sicura dentro l’acqua?» «Ti sei svegliato piangendo, ti vedo spaventato, hai fatto un brutto sogno». La prima cosa è rassicurare il bambino, stare con lui e trasmettergli calma e sicurezza. Può darsi che sia lui stesso a raccontare la paura o il brutto sogno: «C’era una tigre e mi mangiava». Quando si sarà rassicurato, si potrà proporgli di affrontare insieme la cosa che lo spaventa, aiutandolo a comprendere ciò che gli è sconosciuto in modo che possa sentire di avere il controllo della situazione. Non spingerlo oltre ciò che si sente di fare: le scalate sono fatte di piccoli passi. Aiutarlo a “metabolizzare” la cosa che lo spaventa tramite il gioco, il racconto, le fiabe, un disegno; trasformarla in una storia epica di cui il bambino è il protagonista; farla diventare un gioco di cui si può ridere. Fino al giorno in cui quella paura non sarà che un ricordo.

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