Aiuto, non mangia nulla!
A cura della psicologa Dott.ssa Antonella Sagone
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VAI AI PREFERITI Nella seconda metà del primo anno il bambino viene gradualmente introdotto all’esperienza di mangiare cibi solidi. La novità delle pappe, del bicchierino, delle posate, dello svezzamento può anche divertirlo molto, tuttavia spesso s’instaura una situazione di tensione a tavola, con mamma e papà che si disperano per far mangiare il bambino, e questo che resiste con tutte le sue forze alle offerte dei genitori, opponendo al cucchiaio proteso un paio di labbra serrate e uno scuotimento ostinato del capo. E una volta entrati nella spirale dell’ansia di farlo mangiare, il bambino reagirà resistendo, e il momento del pasto si trasformerà in una guerra, una prova di forza o un terreno di reciproci ricatti.
Succede così che il bambino cominci a fare i capricci e a dire sistematicamente di no alle pappe, per una sorta di reazione appresa. Simmetricamente, gli adulti raddoppiano i loro sforzi, e cominciano a blandire, implorare, minacciare o usare “trucchi” per distrarre il bambino e prenderlo di sorpresa. Il mangiare non diviene più un piacere di per sé, ma un obbligo che ha bisogno di premi o punizioni; un modo per misurare la propria volontà con quella degli adulti. L’ansia di compiacere il bambino “purché mangi qualcosa” porta gli adulti intorno a lui ad offrirgli a volte cibi molto “appetibili” ma poco nutrienti, ed ecco che il senso di fame e di sazietà del bimbo viene alterato e confuso.
Come recuperare una situazione compromessa? Cosa fare se il bambino non vuole mangiare? Prima di tutto, occorre analizzare in modo spassionato cosa veramente il bambino mangia. Spesso, infatti, il bambino che non mangia apparentemente “nulla” in realtà fa tanti piccoli spuntini che passano inosservati. Occorre poi accettare che le quantità di cibo necessarie ad un bambino sotto l’anno possono essere inferiori a quelle che ci si aspetta. Se il bambino affiancherà all’alimentazione lattea abituale piccole quantità di cibo ricche di nutrienti, non correrà rischio di nutrirsi poco, anche se le prime settimane si limiterà a “spiluccare”. Può inoltre essere importante lasciare che sia il bambino a regolarsi da sé, portare il cibo alla bocca da solo, limitando l’imboccamento ai momenti in cui effettivamente esprime bisogno d’aiuto: anche se questo può significare che mangerà “meno”. Mangiare tutti insieme al bambino e, possibilmente, offrire piccoli assaggi dello stesso cibo, debitamente adattato, che mangia il resto della famiglia, farà leva sul desiderio di partecipazione del bambino, e può essere un’occasione per mangiare tutti in modo molto sano!
La convivialità dovrebbe essere un aspetto importante del mangiare, almeno quanto il nutrirsi; quando si mangia i giochi e le distrazioni dovrebbero essere lasciati da parte. Se il bambino ha bisogno di alzarsi occorre evitare di seguirlo con il cibo: il luogo e il momento per mangiare deve essere a tavola. L’atto di mangiare va restituito alla normalità, senza enfatizzare o drammatizzare il momento del pasto: presto così il bambino riprenderà piacere alla tavola e al clima sereno ristabilito intorno al desco familiare.