L’ansia da separazione e i bambini
A cura della psicologa Dott.ssa Antonella Sagone
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VAI AI PREFERITI“Portalo al nido fin da piccolissimo, così si abituerà subito e non soffrirà quando tu dovrai tornare al lavoro”. Questo consiglio viene spesso offerto alle madri fin dai primi mesi di vita dei loro piccoli, causando dubbi e turbamento, poiché specialmente nei primi mesi il coinvolgimento emotivo materno è intensissimo e l’idea di separarsi senza un reale bisogno suona assurda.
Ma è davvero efficace questo stratagemma?
Quello che l’esperienza mostra è che alcuni bambini si adattano abbastanza bene al nido anche se molto piccoli; certo molto dipende da come verranno accuditi e dalla disponibilità delle puericultrici: i bambini piccoli hanno bisogno di molto contatto fisico e di interazione affettuosa con una figura di accudimento che resti costante nel tempo.
Resta però il distacco dalla mamma e alcuni bambini, crescendo, sviluppano comunque un rifiuto ad andare e un’angoscia, un’ansia da separazione che prima non sembrava evidente. Questo perché, come per tutte le altre tappe evolutive dell’affettività, anche la capacità di sostenere la separazione non è una questione di abitudine, ma di maturità emotiva.
Mano a mano che la sua consapevolezza aumenta, così come la sua capacità di riflettere sugli eventi e di prefigurarsi ciò che sta accadendo, cresce nel bambino anche la capacità di rattristarsi al pensiero del distacco e delle lunghe ore che lo attendono fino al ricongiungimento quotidiano con la mamma. Questa fase di accresciuta consapevolezza, che si accompagna a una reazione di angoscia e ansia alla separazione, avviene fra l’ottavo mese e l’inizio del secondo anno, e viene definita anche “fase dell’angoscia dell’estraneo”.
Semplicemente, il neonato e il bambino più grande reagiscono alla separazione in modo differente. Quando il bambino è nell’età in cui è in grado di elaborare la separazione e comprenderla, ma non gestirla emotivamente, la sua sofferenza è più palese. Quando sarà ancora più grande, sarà capace anche di gestire le emozioni della separazione, di valutare meglio il trascorrere del tempo e di anticipare con fiducia il momento in cui la sua mamma tornerà da lui.
Per superare al meglio questa fase occorre pazienza e comprensione da parte degli adulti, sia genitori che educatori. Il fatto che un bambino sia così attaccato alla mamma non deve essere motivo di biasimo o di rimproveri a lui o ai suoi genitori: mostra il suo bisogno di essere rassicurato nel suo timore del distacco; mostra anche la sua necessità di “recuperare” il tempo perduto dopo ogni separazione. Gli va dato il tempo per elaborare questi sentimenti senza fargli mancare la presenza amorevole degli adulti, che siano i genitori o gli educatori, anche se questo può essere fisicamente ed emotivamente un po’ faticoso. Non bisogna temere in questo modo di “viziarlo”, al contrario, così si contribuirà a rafforzare in lui una base affettiva sicura, che gli permetterà in seguito di superare questo momento di crisi, e di muoversi con maggiore sicurezza nelle relazioni con gli altri e nella sua autonomia.