Il tatto nei bambini: il primo senso che sviluppano
A cura della psicologa Dott.ssa Antonella Sagone
Tempo di lettura 3 min
Contenuto aggiunto ai preferiti
VAI AI PREFERITIPuò sembrare incredibile, ma il neonato che cresce in grembo alla mamma inizia prestissimo ad avere una vita “di relazione” durante il periodo della gravidanza: questa esperienza si sviluppa attraverso il più antico dei sensi: il tatto.
Nel suo sviluppo embrionale, la pelle è il primo “interfaccia” fra il bambino e il resto del mondo che, in quel momento, è l’ambiente uterino in cui si sta formando. Non è che un piccolo gruppo di cellule, eppure già sta formando la sua “pelle”. Lo strato cellulare esterno di quella piccola sfera di cellule è infatti quello che diventerà la sua epidermide; ma la cosa incredibile da sapere è che questo strato, nelle primissime fasi di sviluppo, forma un ripiegamento verso l’interno per tutta la lunghezza dell’embrione. Ebbene, quella piega interna diventerà il cervello e l’insieme dei nervi del bambino. Insomma: la pelle del bimbo (dalla quale poi si formeranno anche tutti gli altri organi di senso), è un tutt’uno con il suo sistema nervoso!
Questo spiega perché sin dai primissimi momenti di funzionamento del suo cervello, l’embrione è in grado di “sentire”, ovvero di toccare ed essere toccato. Appena avrà sviluppato delle mani comincerà ad agitarle per reagire e provocare stimoli tattili, sfiorare le pareti uterine, se stesso, il cordone ombelicale. Successivamente si comincerà a succhiare le dita, sperimentando così già nel grembo le prime esperienze di piacere tattile.
Le ricerche effettuate con tecniche ecografiche o con fibre ottiche mostrano una vivace attività intrauterina del feto, che non solo è molto reattivo agli stimoli tattili – scalciando e agitando gli arti quando viene sfiorato dalle pareti dell’utero, ma anche è attivamente esplorativo nei confronti del suo piccolo mondo, toccando con le mani, passeggiando con i piedi all’interno dell’utero, ruotando il viso verso la direzione da cui provengono le sollecitazioni, non appena esso viene sfiorato dal cordone ombelicale o dalle sue stesse mani.
In questa fase, il bambino è avvolto dal liquido amniotico, che attutisce e rende “scivolosa” ogni esperienza tattile. Questo fa sì che il bimbo ancora non abbia la coscienza di essere qualcosa di distinto dalla sua mamma: è solo sensazione, eppure è già in grado di distinguere e ricercare le sensazioni piacevoli, come quelle del succhiare o del deglutire il liquido amniotico. La pelle sarà ciò che, una volta nato, gli insegnerà il confine fra se stesso e gli altri: fungendo da contenitore del suo corpo e da barriera che lo separa e lo protegge dall’esterno, ma anche allo stesso tempo fungendo da “Intermediario, un ponte insomma che gli permetterà tramite il senso del tatto di entrare in contatto con ciò che è “altro” da sé, attraverso le esperienze tattili del toccare e dell’essere toccato e accarezzato.
Ecco perché alla nascita è così importante per il bambino ritrovare, fuori dell’utero, quell’esperienza tattile ora non più mediata dalla dolcezza del liquido amniotico, ma che dovrà essere altrettanto dolce e gentile, fatta di carezze, abbracci e calore. Questa dimensione sensoriale, la prima della sua esistenza e la più sviluppata in lui assieme all’udito, sarà fondamentale per farlo sentire al sicuro, contenuto e amato.