A spasso con il bambino
A cura della psicologa Dott.ssa Antonella Sagone
Tempo di lettura 13 min
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VAI AI PREFERITIUscire a spasso con il proprio bambino può essere perl’adulto un’esperienza destabilizzante. In genere noi adulti usciamo con unoscopo, diretti verso una meta precisa, e abbiamo delle “commissioni” dasbrigare in un tempo predefinito, spesso non da noi ma dalle esigenze dellafamiglia e del lavoro.
Un bambino piccolo, al contrario, vede il mondo come un territorioda esplorare e si muove al suo interno senza alcuno scopo al di fuoridell’esplorazione in sé.
Uscire con il proprio bambino, anche solo per unapasseggiata, è a volte vissuto dal genitore come una complicazione. L’adulto haspesso i minuti contati e una serie di impegni da soddisfare, e questo mal siaccorda con il desiderio invece del bimbo di fermarsi ad osservare ed esplorarele cose nuove che vede intorno a sé. Alcuni ambienti in cui viene a trovarsisono inadatti a lui, come uffici o negozi, altri sono troppo carichi distimoli, come i centri commerciali, altri infine, come la strada, sono pieni dipericoli. Il genitore spesso è ansioso e impaziente, e questo rende ancora piùdifficile fare le proprie commissioni e nello stesso tempo tenere il bambinotranquillo e collaborante durante l’uscita. Il bambino finisce nel passeggino,che è il modo più pratico per controllarlo ed evitare che corra qua e là, o cherallenti il passo deciso dell’adulto.
Ma non c’è davvero un altro modo per uscire con i propribambini, portarli a spasso o a fare una passeggiata, senza che questo diventiuna prova per entrambi? Il bambino non desidera altro che essere parte delmondo dell’adulto, ed è felice di uscire a camminare con la mamma o il papà,però ha bisogno di farlo con i suoi modi e i suoi tempi per poter godereappieno di questa esperienza.
Cambiare ottica, pensare che stiamo introducendo nostrofiglio nel vasto mondo, e che questo è parte dei nostri obiettivi quandousciamo, può aiutarci a trovare modalità più compatibili con i bisogni ditutti. Occorrerà pianificare le uscite in modo che non siano troppo piene diimpegni incalzanti, e prevedere un tempo maggiore di quello che sarebbenecessario se si uscisse da soli. Utile anche trovare qualche giochino che ilbambino potrà portare con sé per passare il tempo nei momenti in cui si dovràstare fermi in un posto – alle poste o alle casse del supermercato, ad esempio.Ma per il resto, proviamo a metterci nei panni del bambino e a lasciare che sialui a scegliere che passo tenere. Permettiamogli di camminare, invece di starepassivamente seduto in un passeggino, e di fermarsi anche dieci minuti adosservare i pesci nell’acquario del negozio di animali, a provare a salire escendere venti volte dai tre gradini del negozio, a cogliere fiori al marginedella strada. Guardiamo per un po’ il mondo con i suoi occhi: potremmo notarecose che nel nostro frettoloso andare ci sfuggono, e ritrovare per un po’ losguardo incantato della nostra infanzia. Alla fine della passeggiata, potremoscoprire che siamo riusciti ugualmente a fare buona parte di quello che cieravamo prefissi, magari nel doppio del tempo, però con molta più serenità esoddisfazione da entrambe le parti, e che possiamo tornare a casa con al seguitoun bambino piacevolmente stanco ma soddisfatto e non nervoso e imbronciato comesuccede quando cerchiamo di imporre la nostra tabella di marcia senza guardarciintorno.