Il bambino immaginato, fra aspettative e realtà

A cura della psicologa Dott.ssa Antonella Sagone

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Dal momento in cui la futura mamma guarda il risultato del test di gravidanza, la presenza del bambino diventa una constante nei suoi pensieri. Questo bambino futuro diviene l’oggetto di infinite fantasticherie, e la mamma lo immagina in mille modi e mille situazioni, sia nel momento presente che proiettandolo nel futuro in cui sarà già nato.

Questo continuo esercizio di immaginazione ha una funzione importante, perché permette alla donna di costruire un ponte fra lei e questo bambino invisibile, e di predisporsi alla relazione di attaccamento che si svilupperà appieno proprio dopo la nascita. E fino a poco tempo fa l’immaginazione era l’unico strumento che la mamma aveva per prefigurarsi suo figlio (o sua figlia), finché in tempi recenti l’invenzione dell’ecografia non ha reso possibile dare una fugace occhiata  al bambino persino nelle primissime settimane di gestazione.

Ed ecco che da potenzialità pura il bambino immaginario comincia a delinearsi e il campo delle possibilità a restringersi: è maschio, è femmina, la mamma comincia a costruirsi un’immagine e a fantasticare intorno ad essa.

Con il secondo trimestre, un evento cruciale avviene: i movimenti del bambino vengono percepiti anche dalla mamma. Questo consente di affinare l’idea che ella si sta formando sul bambino, interpretando questi movimenti secondo la sua intuizione e immaginazione. Sin dall’utero, ogni bambino è diverso, come possono testimoniare le mamme di più figli: c’è quello che scalcia vivacemente, quello che si muove con movimenti fluidi e delicati, e quello che spinge e preme come a cercare e reclamare spazio. Queste caratteristiche la mamma le ritroverà anche nel neonato, e fanno parte di quell’insieme esperenziale che le permette di “riconoscere” il bambino appena nato e di sovrapporlo all’immagine che per nove mesi aveva fantasticato.

A termine di gravidanza, la mamma sa già moltissime cose del bambino: ne conosce lo stile, le irrequietezze, e ha già avuto modo di sperimentare il modo in cui egli reagisce agli stimoli (luce, movimento, suoni ed emozioni materne). Non è ancora, tuttavia, un’immagine realistica, è un’idea di bambino fortemente fantasticata e ancora ricca di potenzialità.

Ai suggerimenti che giungono alla mamma attraverso le sensazioni interne del suo corpo, si sovrappongono le immagini che i media propongono e anzi impongono all’immaginario materno: i bambini della televisione, delle pubblicità, così “già grandi”, paffuti, così poco realistici. Si tratta di un problema nuovo, che crea un divario fra bambino immaginario e bambino reale, più vasto di quando la mamma traeva ispirazione per le sue fantasie dalla visione di altri bambini veri. Al momento della nascita, questo divario dovrà essere colmato: proprio per questo è così importante che appena partorito mamma e bambino possano avere uno spazio tutto loro, un tempo tutto loro, durante il quale toccarsi, osservarsi, riconoscersi, cogliere il nesso fra immaginazione e realtà e accogliere il bambino vivo e reale fra le braccia.

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