Il tuo bambino fa la nanna solo in braccio?

A cura del pediatra Dott. Vincenzo Calia

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Tempo di lettura 4 min

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Capita molto spesso che i bambini si addormentino (o addirittura dormano) solo in braccio o nel lettone: questo comportamento spesso disturba non poco i genitori che si chiedono come fare per cambiarlo.

Dormire è un po’ morire”: è un modo di dire. Come tutti i modi di dire contiene una verità: il momento del sonno, del distacco dalla vita cosciente spesso è avvertito, soprattutto da piccoli, con una certa angoscia, una paura inconsapevole che si calma solo con il contatto dei genitori.

Ecco il perché delle ninnenanne, delle storielle della buona notte, degli addormentamenti mano nella mano o… in braccio, appunto.

Se è impossibile cancellare questa paura inconsapevole del fare la nanna, che passerà solo con la crescita, è però possibile abituare i bambini a fare la nanna in modi diversi. Prendere in braccio un bambino e cullarlo fino a quando non si addormenta è sicuramente un modo efficace per farlo dormire, però genera un’abitudine.

Mi spiego meglio: se ogni giorno, fin dalla nascita, io genitore addormento il mio bambino cullandolo in braccio è come se gli dicessi: “Figlio mio, si fa la nanna solo così”.

I bambini sono come spugne: assorbono in un attimo tutto quello che vedono e sentono, e lo immagazzinano nella loro mente in formazione: un bambino che è stato cullato in braccio ogni sera penserà che quello sia l’unico modo di scivolare nel sonno e, se per caso si risveglia durante la notte o se si cerca di addormentarlo in un modo diverso, si spaventerà e si angoscerà, comincerà ad aver paura di essere abbandonato, piangerà e chiederà sempre di essere cullato in braccio.

Molto bello e piacevole per il bambino e, spesso, anche per un genitore. Però anche faticoso. I bambini, si sa, crescono, diventano sempre più grandi e sempre più pesanti; e cullare un neonato di 4 o 5 chili non è la stessa cosa che spupazzarsi un bimbo di 12 o 15 chili!

I genitori in genere lavorano e la sera sono stanchi: vorrebbero anche un po’ di privacy e di tranquillità, un momento di relax. E così questa modalità di addormentamento alla lunga può diventare faticosa e generare nervosismo, che si rifletterà sul bambino che diventerà ancora più attaccato.

Insomma un circolo vizioso.

Da cui però si può anche uscire (meglio ancora: sarebbe meglio non entrarci affatto).

Cullare un bambino in braccio, magari passeggiando in su e in giù per la casa, non è l’unico modo per fargli sentire la nostra vicinanza. Si potrebbe anche metterlo nella sua cullina, prendergli una manina, parlargli a voce bassa o cantargli una ninnananna, con un piccola luce accesa, e poi, quando comincia a chiudere gli occhi, lasciare che finisca di addormentarsi da solo. Questo metodo potrebbe richiedere, soprattutto all’inizio, un po’ di pazienza e un po’ più di tempo, però il bambino ci si abituerebbe e comincerebbe ad associare il sonno al lettino, al contatto meno ravvicinato con il genitore, alla luce bassa, alla voce che canta. E così, se si dovesse risvegliare durante la notte, ritrovando la stessa luce bassa, lo stesso lettino, la stessa posizione si renderebbe conto che tutto va bene e potrebbe anche provare a riaddormentarsi da solo.

Insomma si tratta di innescare un altro circolo, questa volta non vizioso, ma virtuoso, che porta verso la tranquillità e l’autonomia dal genitore.

Un bambino autonomo non è un bambino trascurato o angosciato, ma un bambino sicuro, con cui è più facile aver a che fare e a cui è più facile volere bene.

Provare per credere.